Intervento Dieni – 9 aprile 2013

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IMAG0023Signor Presidente, Ministro, Deputati colleghi,
la discussione di oggi verte su una materia che ci sarebbe piaciuto trattare in Commissione Affari Costituzionali, se solo fosse stata costituita. Si tratta del decreto legislativo recante “Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 18 aprile 2012 n. 61, recante ulteriori disposizioni recanti attuazione dell’articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di ordinamento di Roma Capitale. Un sincero complimento innanzitutto agli esperti di drafting legislativo della Presidenza del Consiglio per il dono della semplicità.
Al di là della facile ironia su un titolo –direi- importante, ciò che si comprende agilmente è che ci troviamo di fronte ad un rimaneggiamento di un decreto che deriva a sua volta da una legge, la n. 42 del 2009 in materia di Federalismo fiscale, quella che, tanto per intenderci, avrebbe dovuto attuare l’art. 119 della Costituzione.
Dire quindi che siamo di fronte ad un terzo decreto su Roma Capitale non è corretto. Si tratta infatti delle modifiche del secondo decreto che rappresenta un’importante devoluzione di materie a Roma Capitale, nel percorso che vuole, in modo graduale, trasformarla non soltanto nella prima Città Metropolitana italiana, obiettivo fissato per il 2014, ma anche dotarla di un “miglior assetto delle funzioni che Roma è chiamata a svolgere quale sede degli organi costituzionali nonché delle rappresentanze diplomatiche degli Stati esteri, ivi presenti presso la Repubblica italiana, presso lo Stato della Città del Vaticano e presso le istituzioni internazionali” (l. 42/2009, art. 24)
In realtà, com’è noto, il tragitto che conduce a questo risultato parte da lontano. In primis la legge 142 del 1990 che introduce per la prima volta nell’ordinamento la figura dell’area metropolitana, prevedendo di enuclearne le funzioni a partire da legge regionale. A questa e` seguito il decreto legislativo del 2000 che ne ridusse in parte le funzioni. Ma a sancire definitivamente e permanentemente la presenza di questo illustre sconosciuto nell’assetto istituzionale italiano è stata la Riforma del Titolo V della Costituzione. L’art. 114 recita infatti: “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato.”
Quel che è certo, per quanto si è visto negli anni passati nella lenta evoluzione che si è avuta di questo ente inesistente – una contraddizione in termini- è che Roma rappresenterà il banco di prova e il punto di riferimento per qualsiasi caso che la seguirà. E’ dunque fondamentale che decisioni centrali come a quelle relative al progressivo trasferimento di poteri a Roma venga destinato uno spazio congruo e le sedi opportune. La decisione di astenerci rispetto alle risoluzioni che riguardano questo provvedimento deriva, dunque, proprio da questa considerazione. I tempi che sono stati destinati all’approfondimento nelle Commissioni speciali sono stati inadeguati, la sede non era quella prevista – data la mancata costituzione delle Commissioni permanenti- e lo spazio per intervenire su un decreto legislativo, che peraltro rappresenta soltanto il parziale adeguamento rispetto ad altre risoluzioni votate da gruppi estranei al nostro, era assolutamente risibile. Non posso quindi che aderire alle posizioni già espresse dalla collega del MoVimento 5 stelle nel ribadire la nostra volontà di rimanere estranei rispetto ad un testo che non abbiamo potuto condividere. Vale la pena sottolineare inoltre, che, seguendo quanto previsto nel comma 4 dell’art. 2 della legge 42 del 2009, il Governo potrebbe anche discostarsi da eventuali risoluzioni che vadano in senso opposto a quanto previsto nel Decreto. Va quindi ancor più sottolineato che ci sarebbe stata quindi l’esigenza di una sede di mediazione e di confronto più che di una risoluzione in opposizione alle altre.
Cosa riguarda infatti il provvedimento in esame?
Come si è detto esso integra e corregge il decreto legislativo 18 aprile 2012, n. 61, secondo quanto previsto dalla legge 5 maggio del 2009, n. 42. L’articolo 2, comma 7, della citata legge consente infatti l’adozione di decreti legislativi correttivi entro 2 anni (ndr. Le osservazioni del Governo ne prevedono, sbagliando, 3). Il decreto legislativo appena citato era il secondo su Roma Capitale e, sebbene fosse per certi versi meno “suggestivo”, dato che il primo si occupava di ordinamento, era altrettanto importante dato che disciplina il conferimento di funzioni amministrative statali a Roma.
Questo decreto ha avuto un lungo iter, date le correzioni che sono state poste come condizione dalla Commissione Bicamerale per l’attuazione del Federalismo fiscale al parere positivo. Il parziale recepimento da parte del Governo di quelle indicazioni è il motivo per cui ci troviamo a discutere qui oggi. Siamo qui quindi a dire se siamo d’accordo o no non tanto a quelle disposizioni per cui ha già deciso la Bicamerale per il Federalismo nella passata legislatura, ma per dare l’ok a quelle parti in cui il Governo ha deciso di dire no al Parlamento.
Quali sono queste parti?
Anzitutto l’introduzione di una disciplina transitoria sulla rimodulazione del programma di interventi per Roma Capitale, dato che una parte sulla questione della legge 15 dicembre 1990, n. 396 era stata abrogata dal Governo. In questa disciplina transitoria si prevede il coinvolgimento del Ministro dell’Economia e delle Finanze nell’iter di adozione del decreto di approvazione della rimodulazione. Si prevede inoltre, secondo il tipico refrain di questi anni, che eventuali rimodulazioni avvengano nel rispetto di quanto scontato negli andamenti tendenziali e comunque ad invarianza di oneri e che le stesse rimodulazioni non comportino alcun incremento del fabbisogno. Credo che, al di là del lessico burocratese sia comprensibile quanto si intende: nessun onere supplementare sul bilancio dello Stato.
Vi è poi il punto in cui già si ridimensiona il Sindaco di Roma di un potere che gli era stato concesso tramite il vecchio decreto legislativo. Viene ridimensionata la possibilità di adottare ordinanze in deroga alle disposizioni vigenti, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, per l’attuazione di interventi riguardanti situazioni di emergenza connessi al traffico, alla mobilità o all’inquinamento atmosferico o acustico. Queste ordinanze possono essere emanate unicamente in esecuzione di un piano autorizzato con delibera del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio. Tutti gli oneri sono peraltro posti in capo a Roma Capitale. Questo punto non può che far piacere francamente al MoVimento 5 stelle dato che l’esperienza ha dimostrato abbondantemente –basti pensare agli scandali legati agli interventi della Protezione Civile degli anni scorsi- come la deroga alla legislazione vigente sia il miglior viatico per favorire amici e amici degli amici e per infischiarsene della normativa in materia ambientale.
Tra gli altri punti in cui il Governo si è discostato dal Parlamento, quello probabilmente più significativo, vi è inoltre quello sulla procedura prescritta per il riparto tra le regioni del Fondo statale per il trasporto pubblico locale. Anzitutto una prima linea d’intervento è quella di inserire nel Fondo anche il trasporto su rotaia, che precedentemente era escluso. Ma ciò che è più importante è che, a differenza di quanto era stato stabilito precedentemente, si prevede, pur nel finanziamento diretto a Roma Capitale, di erogare i fondi alla Regione Lazio sulla base di un’intesa che essa sigla con Roma Capitale. A partire da quell’intesa sono peraltro rideterminati gli obiettivi del patto di stabilità. Anche questa norma va vista nell’ottica di impedire che il mancato accordo tra Regione Lazio e Roma Capitale sulla ripartizione del Fondo renda impossibile la sua ripartizione danneggiando le altre regioni. Questa posizione del Governo nasce dal caso concreto e dalla contrapposizione che ha segnato sulla materia il rapporto tra il sindaco di Roma e l’ex presidente della Regione Lazio.
Recuperiamo un po’ di poesia in mezzo ai freddi richiami del diritto. E’ impossibile, infatti, parlare di Roma senza dedicarle almeno 30 secondi di poesia. E permettetemi di parlarvi testimoniandovi il mio amore per Roma, come fece un altro calabrese che venne assorbito in questa sua “seconda casa”, Rino Gaetano.
Diceva Freud: “facciamo dunque un’ipotesi fantastica, che Roma non sia un abitato umano, ma un’entità psichica dal passato similmente lungo e ricco, una entità in cui nulla di ciò che un tempo ha acquistato esistenza è scomparso, in cui accanto alla più recente fase di sviluppo continuano a sussistere tutte le fasi precedenti”. Facciamo anche noi questa ipotesi, che servì a Freud per spiegare la mente umana. Roma stratifica e trattiene in sé ogni cosa del passato. Di errori su Roma ne sono stati fatti troppi e ancora ne porta le cicatrici. Non si utilizzi quindi Roma per uno scopo politico, non si tentino operazioni-spot per la campagna elettorale. Roma merita il nostro impegno. Si portino avanti i decreti attuativi su Roma Capitale, ma si lasci lavorare il Parlamento. E soprattutto le si conferiscano fondi adeguati, per restituirle il ruolo che sempre le è stato riconosciuto al mondo: una città della cultura, una città dell’anima.
Per le ragioni sin qui esposte annuncio la astensione del MoVimento 5 stelle.

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