Acqua pubblica, in Parlamento la volontà degli italiani sta per diventare realtà

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di Federica Daga e Ilaria Fontana

L’affermazione secondo la quale l’acqua pubblica è sinonimo di democrazia non è mai stata più appropriata. Nelle prossime settimane abbiamo l’opportunità di realizzare a pieno questa equivalenza, tagliando il traguardo di una lunga marcia partita davvero da lontano.
Gli attivisti del Movimento 5 Stelle sanno bene di cosa parliamo quando diciamo che l’acqua pubblica è la nostra prima stella. In realtà prima ancora è stata scintilla, lo sprazzo di luce nel buio che ci ha fatto intravedere la via da percorrere, in quelle lunghe riunioni davanti a una pizza o a un caffè che sarebbero poi diventate i primi meet-up. Cittadine e cittadini qualunque si ritrovavano attorno a un’idea: quella di non farsi scippare la risorsa più importante, un bene comune di cui tutti hanno diritto a fruire.

Poi sono arrivati i banchetti per la raccolta delle firme, prima occasione per parlare con altri cittadini dell’urgenza di non aspettare che fosse qualcun altro a difendere i nostri diritti. E di lì a poco l’entusiasmante fatica della campagna referendaria culminata nel plebiscito dell’12 e 13 giugno 2011: 27 milioni di sì all’acqua pubblica. La scintilla diventava stella, un manipolo di cittadini attivi cambiava il corso delle cose.

Certo, non avevamo fatto i conti con gli altri interessi in gioco, con i tentativi immediati di vanificare quell’enorme sforzo e cancellare quella limpida e meravigliosa pagina di democrazia scritta dal popolo sovrano. I governanti e i potenti hanno provato a strappare, occultare, sabotare quella pagina. Decreti legge che facevano marcia indietro, obblighi di accorpamento che spianavano la strada alle multinazionali, la garanzia di un guadagno assicurato ai gestori privati che il voto aveva cacciato dalla porta e che le lobby hanno reintrodotto dalla finestra.
Hanno fatto di tutto in questi lunghi otto anni per vanificare l’esito del referendum: hanno calpestato senza scrupolo alcuno la volontà di 27 milioni di persone, hanno mentito affermando che la gestione è già pubblica mentre le società di gestione erano (e sono) controllate da finanza, multinazionali e capitali esteri. Questi soggetti, la cui finalità ultima è ovviamente il profitto e non certo la garanzia di un diritto universale, possono vendere quote e, se immaginiamo le estreme conseguenze, anche farsi intestare una fonte idrica.

Ma i movimenti per l’acqua, moltissimi comitati locali e altrettanti attivisti del MoVimento 5 Stelle hanno lottato strenuamente. Abbiamo portato in Parlamento, appena eletti nel 2013, una proposta di legge di iniziativa popolare (boicottata e ignorata da chi allora era al governo) che è alla base del testo che in queste ore è all’esame della commissione Ambiente alla Camera. Abbiamo presentato alcun emendamenti frutto della necessità di aggiornare un testo nato 12 anni fa: le nostre proposte di modifica arricchiscono e rendono più efficace la portata della riforma anche alla luce delle tante voci ascoltate durante le audizioni e sui territori. L’obiettivo è quello che ci siamo dati fin dall’inizio: riconoscere il diritto universale all’acqua sottraendola al controllo dei privati e affidare la gestione esclusivamente al pubblico.

Attueremo questo passaggio, che prevede lo stop alla redistribuzione di dividendi e la destinazione di tutti gli utili al potenziamento del servizio, con la necessaria gradualità, mantenendo i livelli occupazionali, garantendo un approccio industriale in tutte le fasi della gestione e accompagnando questo processo con le coperture finanziarie necessarie.

Proprio perché siamo consapevoli dell’importanza dell’acqua per le nostre vite, dobbiamo dire basta alle inefficienze e alla speculazione. Anche nella gestione del servizio idrico integrato è il momento di fare esclusivamente gli interessi dei cittadini. Che il passaggio alla gestione completamente pubblica porti con sé enormi benefici per la collettività, lo dimostrano numerose e importanti esperienze internazionali. Attualmente chi gestisce il servizio idrico può decidere di distribuire dividendi e ridurre al minimo gli investimenti; noi invece, con la gestione pubblica, facciamo in modo che ogni centesimo pagato in tariffa venga investito nella cura del servizio. Questo significa meno soldi ai privati, più soldi per eliminare le reti colabrodo e innovare e, come accaduto ad esempio a Parigi e Berlino, anche bollette più basse. Secondo il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua basata sui Piani economici e finanziari dei gestori italiani, eliminando gli utili e i “costi non quantificati correttamente”, la tariffa idrica potrebbe coprire tutti i costi della gestione e degli investimenti e portare a una riduzione delle tariffe, vale a dire del costo della bolletta, del 25-30%.

Inoltre riportiamo tutte le competenze relative alla vigilanza e al controllo sulla gestione dell’acqua in capo al ministero dell’Ambiente, restituendo un ruolo importante alle istituzioni a garanzia di tutti i cittadini. Che senso ha, infatti, lasciare all’autorità garante del mercato, l’Arera, la regolazione di un servizio essenziale che vogliamo escludere dalla concorrenza perché monopolio naturale? Il servizio, idrico, per fare un esempio, non è organizzato in modo che se non ci piace il nostro gestore passiamo a un altro, non c’è modo di “spuntare” condizioni più vantaggiose: perché allora tenerlo in capo a chi dovrebbe garantire concorrenza e libero mercato?

Per giunta, va considerato che riguardo alla gestione dell’acqua Arera ha già tradito il proprio mandato quando ha deciso di reinserire la remunerazione del capitale investito, il famoso 7% di guadagno garantito ai gestori che con il referendum del 2011 27 milioni di cittadini chiesero di abrogare.

Siamo a pochi passi da un cambiamento epocale, stiamo rimettendo l’acqua nelle mani dei cittadini, stiamo portando a compimento la scrittura di questa nuova pagina di democrazia. trasformando finalmente in realtà tangibile e concreta la volontà espressa in maniera inequivocabile dagli italiani. Il percorso è ancora accidentato e dobbiamo aspettarci colpi di coda da parte di chi non vuole rinunciare a privilegi e rendite di posizione. Ci troveranno pronti e determinati a raggiungere l’obiettivo: abbiamo dalla nostra la forza dei 27 milioni di italiani che vogliono inaugurare la nuova stagione dell’acqua pubblica e di una democrazia finalmente piena ed effettiva.

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