Il Parlamento europeo si chiude a riccio e volta le spalle a 5 milioni di cittadini che avevano firmato una petizione e chiesto cambiamenti alla direttiva copyright. Eravamo partiti con il giusto obiettivo di riformare la direttiva sul diritto d’autore e invece siamo finiti per approvare un testo che mette a repentaglio la libertà di Internet e i diritti fondamentali. Il diritto d’autore va riformato, certo, ma senza bavagli. Ha vinto la vecchia politica che volta le spalle agli interessi emergenti e nuovi delle start up e delle piccole e medie aziende digitali.
DIRITTO DI AUTORE SÌ…
La proposta di direttiva, presentata dalla Commissione europea nel 2016,
aveva l’obiettivo di modernizzare le norme in materia di diritto
d’autore per renderle al passo con i tempi e si inseriva nel contesto
più ampio della realizzazione del mercato digitale unico. L’ultima
direttiva in materia di diritto d’autore risaliva al 2001, quando ancora
Facebook e Youtube non esistevano e nessuno poteva immaginare la grande
rivoluzione che avrebbe comportato l’avvento delle nuove tecnologie
digitali e di Internet.
La proposta della Commissione cercava quindi di dare una risposta normativa a questa nuova realtà e, al contempo, voleva risolvere alcune situazioni di incertezza giuridica venutesi a creare per quanto riguarda l’applicazione di alcune eccezioni, così da agevolare gli utilizzi digitali e transfrontalieri.
Dopo un lungo negoziato in sede di trilogo (fra Parlamento, Commissione e Consiglio), il testo finale ha migliorato la proposta della Commissione. Si pensi alla nuova eccezione obbligatoria relativa al text and data mining che non prevede alcun tipo di limitazione in riferimento ai beneficiari. Accettabili sono anche gli articoli che introducono eccezioni riguardo a: le attività didattiche, quelle di conservazione del patrimonio culturale o ancora l’uso delle opere fuori commercio da parte degli istituti di tutela del patrimonio culturale. Estremamente positivo il nuovo articolo volto a disciplinare le opere di arte visiva presenti nel pubblico dominio, che riprende un nostro emendamento, così come l’articolo che introduce un diritto di revoca a favore di autori ed esecutori, che riprende sempre un nostro emendamento.
…MA NO AI BAVAGLI
Tuttavia ci sono due articoli molto controversi nell’intera proposta: uno è l’articolo 11,
che mira ad introdurre la c.d. linktax, in altre parole un diritto
ancillare al diritto d’autore, a favore degli editori dei giornali, per
l’uso digitale delle loro pubblicazioni di carattere giornalistico.
L’altro è l’articolo 13, che disciplina l’uso di
contenuti protetti da parte dei prestatori di servizi della società
dell’informazione che memorizzano e danno accesso a grandi quantità di
opere e altro materiale caricati dagli utenti, in altre parole le
piattaforme di condivisione (es. Youtube), e introduce una
responsabilità assoluta che determinerà l’uso dei filtri automatici.
Questi due articoli rischiano di mettere a repentaglio sia la libertà di espressione in rete che Internet così come è nata e l’abbiamo sempre conosciuta: libera e aperta. Per questa ragione abbiamo presentato degli emendamenti di stralcio di questi due articoli che purtroppo non sono stati però votati in aula.
Ha vinto la dittatura della maggioranza che ha approvato l’accordo del trilogo senza nemmeno lasciare la possibilità di votare gli emendamenti migliorativi che avevamo presentato. Oggi è un brutto giorno per chi ha a cuore la libertà di espressione e il cambiamento impresso dal web.