Dobbiamo insegnare ai nostri giovani ad usare testa e cuore, non violenza

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Tra le tante strazianti immagini dell’Afghanistan c’era questa di un padre che sporge oltre al filo spinato il suo bambino ad un militare perché possa condurlo ad un futuro migliore. La disperazione più assoluta.

Nei terribili giorni che l’Afghanistan vive c’è però anche un piccolo scatto di speranza, lo scatto del militare che posa il fucile per accudire quel piccolo. In questi giorni di apprensione ho fatto la mamma e ho cercato di spiegare al mio bimbo di 5 anni che cosa stia succedendo, perché quelle persone scappano e perché il mondo intero è col fiato sospeso.

I bambini, così come gli adulti, hanno bisogno di un lieto fine anche dove questo sembra impossibile. Raccontare al mio bambino di quel padre ritrovato e riunito al suo bambino, dirgli che ora sono entrambi salvi, è stata una boccata di ossigeno.

Viviamo inermi questi giorni e per fare qualcosa per quelle mamme, per quei papà, per quei bambini, dobbiamo parlare con chi li sta terrorizzando. La cultura della guerra ha fallito e la via della cooperazione è solo all’inizio. L’unica cosa certa è che dobbiamo correre più veloci della paura ed insegnare ai nostri giovani ad usare testa e cuore, non violenza.

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