La formazione dei giovani sia più vicina al mercato

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Intervista a Il Sole 24 Ore, di Valentina Melis.

Ministra Dadone, i dati su Neet e disoccupazione giovanile indicano che la pandemia ha inflitto un ulteriore colpo ai giovani italiani, già svantaggiati rispetto ai coetanei europei. E il Sud ha il doppio dei Neet rispetto al Nord. Come si può invertire la rotta?

Credo che questo debba essere fatto nella massima collaborazione con il premier Darghi e i colleghi di Governo per mettere a fattor comune gli strumenti trasversali che, pure nella cornice del Recovery plan, potremo sviluppare per favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Credo importante prevenire il rischio di Neet intervenendo già prima dei 15 anni, e potenziare i programmi di formazione, all’accesso e on the job, sviluppare un sistema di certificazione delle competenze omogeneo e integrato con i livelli regionali e rafforzare le forme di autoimpiego e di autoimprenditorialità.

Come si fa a rendere l’Italia un Paese più attrattivo per i giovani?

I giovani non sono attratti dai sussidi ma dalle prospettive. Se vogliamo che restino nel proprio territorio d’origine e rientrino nel nostro Paese dobbiamo creare le condizioni di questa prospettiva. Paradossalmente, la pandemia può offrire l’opportunità di rafforzare il mercato del lavoro e le condizioni socio-economiche e produttive delle aree più depresse. Per le nuove generazioni, l’investimento in termini economici e di tempo nello studio o nella formazione lavorativa deve diventare un elemento di valorizzazione e non punitivo. Vanno introdotti incentivi per assumere i profili più qualificati e più adeguati a soddisfare le esigenze del mercato ma al tempo stesso permettere, a chi non ha avuto la possibilità di definire le proprie skills, di riqualificarsi, acquisendo conoscenze e competenze più idonee, e farlo anche mentre lavora.

Quante risorse del Recovery Fund potranno essere destinate alle politiche giovanili? E quali saranno le suerichieste, rispetto all’azione del Governo?

Ritengo fondamentale incrementare le risorse per la formazione, dai percorsi scolastici a quelli universitari e post universitari, e potenziare i percorsi di studio in ambito tecnico e tecnologico: Its, discipline Stem e competenze digitali, combinando tali interventi con una forte azione di inclusione educativa. Il primo passo sarà potenziare il servizio civile universale e introdurre il servizio civile digitale (un programma nel quale giovani volontari dovrebbero aiutare i cittadini, a partire dagli anziani, ad accedere ai servizi digitali, ndr)».

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