Intervista ad Avvenire sulla proposta di legalizzazione della prostituzione

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Di seguito la mia intervista al quotidiano Avvenire, oggi in edicola

«La prostituzione non è uno slogan politico». Un altolà agli alleati di governo della Lega, da sempre favorevoli all’abolizione della legge Merlin, ma anche a quella parte del Movimento 5 stelle che appare possibilista sulla riapertura delle case chiuse. Così 66 esponenti di primo piano del Movimento (senatori, deputati, europarlamentari, consiglieri regionali e comunali, 50 dei quali donne) hanno scritto una lettera aperta in cui chiedono un supplemento di approfondimento su un tema così complesso, e si dichiarano contrari alle «normalizzazione» della prostituzione con le case chiuse, soprattutto per i pericoli legati allo sfruttamento e alla tratta delle donne.

Fabiana Dadone, 35 anni, deputata dal 2013, esperta di diritto, è tra le firmatarie della lettera-appello; conosce la prostituzione «dal vero», grazie ai due anni di servizio volontario con l’associazione Papa Giovanni XXIII, e ha studiato in Commissione antimafia il sistema della tratta.

Dunque onorevole Dadone, sulle case chiuse rischia di aprirsi l’ennesima frattura con l’alleato di governo, la Lega. Cose ne dice?

Con la Lega abbiamo differenze di vedute su molti argomenti. Ma la riapertura delle case chiuse non è nel contratto di governo, quindi al momento non è un argomento su cui discutere. Aggiungo però che la Lega farebbe bene ad approfondire il tema con chi lo conosce a fondo. Attenzione a ripristinare le case chiuse: c’è il rischio concreto di rendere signori coloro che sfruttano e di dare il colpo di grazia alle vittime, rendendo legale lo sfruttamento. Anche perché è difficile tornare indietro: Germania e Olanda pagano le conseguenze di scelte sbagliate, con le cosiddette case di tolleranza pieni di donne vittime di tratta e schiavizzate.

La Lega dice che riaprire le case chiuse significa togliere la terra sotto i piedi ai signori della tratta. Non è d’accordo?

Sappiamo benissimo quanto già oggi sia difficile scardinare il sistema messo in piedi ad esempio dalle mafie cinesi, con le ragazze chiuse nei centri massaggi e nelle abitazioni private. Quanto alle donne nigeriane, oggi le associazioni con le loro unità di strada sono praticamente le uniche ad avvicinarle e a rendere possibile in tanti casi l’emersione dello sfruttamento. Se chiudiamo le donne nelle case, si negherebbe loro anche una possibilità di mettersi in salvo.

Sul tema notiamo che nemmeno il M5s ha le idee chiarissime. Nella scorsa legislatura Maria Elena Spadoni ha presentato una proposta di legge, suggerita dalla piattaforma Rousseau, che disciplinava l’«esercizio della prostituzione in forma individuale»…

La proposta di legge istituiva un sistema ibrido, che garantiva sia le vittime di tratta sia chi intendesse esercitare liberamente. Penso però che la priorità sia proteggere la grandissima maggioranza di chi si prostituisce perché costretta e non tutelare la esigua minoranza di chi lo fa volontariamente. Sono convinta che il modello vincente sia quello nordico (che punisce il cliente, ndr). E credo che ci sia qualcosa di sbagliato in una società che costringa una ragazza a vendere il suo corpo per mantenersi.

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