Lex: Disciplina dell’attività normativa del Governo

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Negli ultimi decenni si registra una tendenza, comune a tutte le democrazie occidentali, di ampliamento dei poteri dell’Esecutivo a discapito delle competenze tradizionalmente proprie del Parlamento. Il principio parlamentare, come primato del Parlamento sul Governo, pur enunciato a livello formale in sede Costituente e comunemente accolto in sede teorica è sottoposto ad un logoramento, se non a una vera e propria eclissi per il convergere di alcuni fattori storico-politici interni ed esterni. Il riflesso concreto più immediato di questa crisi è nel fatto che il Parlamento non è più il dominus della produzione normativa. Il baricentro della formazione delle leggi si è sensibilmente spostato verso il Governo, che sempre più assume il ruolo di mediatore e sintetizzatore di conflitti, relegando il Parlamento nella posizione marginale di ratificatore di scelte aliunde formatesi.
Al 31 ottobre 2016 la produzione legislativa parlamentare della XVII legislatura era costituita per l’81,2% da leggi di iniziativa governativa.
Che il baricentro dell’attività legislativa si sia spostato è cosa nota, com’è noto il ruolo giocato dalle poco costrittive previsioni costituzionali in materia. Si pensi alla possibilità del Governo di presentare maxiemendamenti interamente sostitutivi, idonei a porre nel nulla il lavoro delle commissioni parlamentari, cui si aggiunge la posizione della questione di fiducia con la naturale conseguenza dello svilimento dello stesso dibattito parlamentare; l’assenza di limiti materiali alla decretazione d’urgenza e l’assenza di un controllo vincolante del Parlamento sui decreti legislativi.
La consapevolezza che il ruolo normativo del Governo non tende, e non tenderà, a ridursi impone di riflettere sull’adeguatezza delle procedure endogovernative, di interrogarsi sulla legittimazione e sull’efficacia delle decisioni governative. Sin dalle premesse, si era insinuato il dubbio che il predominio della normazione governativa pregiudicasse la qualità della produzione legislativa. L’analisi degli atti mostra una correlazione tra le principali criticità degli atti legislativi e le fasi procedimentali di cui gli stessi denunciano la carenza. L’assenza di adeguate ricognizioni normative e giurisprudenziali propedeutiche a scelte legislative di modifica di un settore dimostra l’insufficienza dell’istruttoria e la strutturale carenza delle Analisi Tecnico Normative, eventualmente presentate a corredo. La continua modifica di norme di recente approvazione, combinata alla stratificazione normativa che interessa un numero sempre maggiore di settori, dimostra la necessità di svolgere correttamente le attività richieste dall’analisi di impatto della regolamentazione. L’incapacità di valutare gli effetti che le norme produrranno su cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni è la causa di modifiche continue, imposte da effetti deteriori non previsti ma spesso prevedibili. A tal fine, andrebbe, inoltre, regolamentato l’intervento dei portatori d’interesse, previsto sia da norma primaria che dalla disciplina attuativa, ma mai disciplinato. Imporre una consultazione non regolamentata genera più danni che soluzioni. Non aver stabilito quali siano le sedi del confronto, le modalità di consultazione, né tantomeno come debbano essere individuati i soggetti da consultare, lascia al Governo totale discrezionalità nella scelta degli stakeholders da audire e nessun onere di pubblicità dei contenuti. Al Governo è solo richiesto di svolgerle e di dar conto degli esiti, adempimento che spesso neanche esegue.
E’ necessario che si modifichi l’impostazione della nostra progettazione legislativa. La celerità del procedimento non può essere considerata un valore in sé. Non può essere l’urgenza del provvedere, spesso dettata dai media, a guidare le scelte. A ciò si aggiunga che la maggior parte delle leggi approvate non trova mai attuazione; ciò dimostra che, una volta venuta meno la stessa esigenza comunicativa che gli ha dato origine, lo stesso Governo non la giudica più indispensabile. La progettazione legislativa deve essere attentamente programmata e le deroghe concesse solo nelle ipotesi di oggettiva urgenza.
Gli strumenti di drafting sostanziale, in particolare l’AIR e l’ATN, possono, infatti, efficacemente raggiungere lo scopo che gli è proprio, solo se inserite in un diverso tipo di procedimento decisionale. Le citate relazioni rappresentano la rendicontazione del complesso di attività di cui deve comporsi l’istruttoria. Pregiudiziale alla scelta d’intervento deve diventare la conoscenza del settore. La finalità propria di questi strumenti non è l’arricchimento della descrizione dei provvedimenti proposti ma permettere al decisore politico di “porsi le domande giuste”. La richiesta, di cui al modello AIR, di dar conto delle valutazioni circa l’opzione di non intervento può essere realmente soddisfatta solo se inserita in un procedimento di analisi della materia che prescinda da una scelta politica già effettuata.
Indispensabile risulta, inoltre, l’introduzione di un regime di pubblicità nell’attività istruttoria nonché dei resoconti delle sedute del Consiglio dei ministri. Già in Kant la pubblicità è il principio che garantisce l’accordarsi della politica con la morale. La totale assenza di trasparenza delegittima le scelte dell’Esecutivo ed, al contempo, impedisce una chiara attribuzione della responsabilità politica.
Il recente “caso Guidi”, ad esempio, ha ingenerato la convinzione che un emendamento diventi governativo con il solo assenso del Ministro dei rapporti con il Parlamento. Il Governo ha, inoltre, difeso la scelta di merito sostenendo che la scelta politica prescindesse dalle pressioni esercitate dalle lobbies. Il “caso Guidi” appare un esempio emblematico dell’insufficienza delle procedure di definizione delle politiche. L’assenza di una disciplina relativa alla predisposizione e alla presentazione degli emendamenti governativi e la mancanza di verbali delle sedute consiliari hanno impedito di capire quando sia stata assunta la decisione. In presenza, inoltre, di regole sulla partecipazione degli stakeholders ai procedimenti decisionali si avrebbe, oggi, la disponibilità delle risultanze delle consultazioni svolte sulla materia. Le posizioni assunte dai portatori dei diversi interessi coinvolti mostrerebbero il bilanciamento e la ponderazione effettuati dall’Esecutivo per compiere la scelta politica.
In estrema sintesi, il procedimento di formazione degli atti normativi del Governo è, da oltre un decennio, il più decisivo; ciononostante non garantisce trasparenza e pubblicità delle fasi decisionali; non prevede il bilanciamento tra opposti interessi e gli atti adottati, secondo le norme e le prassi che lo regolano, sono formalmente e sostanzialmente perfettibili.
Alla luce di quanto esposto, una radicale revisione della tecnica di progettazione legislativa italiana risulta irrinunciabile se si ritiene di voler riempire di contenuto i modelli e gli strumenti mutuati dagli altri ordinamenti e, soprattutto, se si vuole garantire la qualità del prodotto del procedimento legislativo.

Il MoVimento 5 stelle al Governo mostrerà di essere diverso non solo per le scelte di merito che compierà ma anche per il metodo con cui le compierà. La presente proposta disciplina il procedimento di approvazione degli atti normativi del Governo garantendo: la programmazione degli interventi, la trasparenza delle procedure, la necessaria acquisizione di tutti gli elementi propedeutici alla scelta da effettuare e la pubblicità dei bilanciamenti operati per la definizione della politica. A ciò si affianca una proposta di legge costituzionale che ha lo scopo di apportare correttivi minimi necessari a garantire il rispetto delle introducende norme ordinarie: l’omogeneità delle leggi; il controllo del Presidente della Repubblica sulla completezza dell’istruttoria endogovernativa e la riserva di legge in materia di procedimento istruttorio del Governo.

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