Lo smart working dovrà diventare il normale modo di organizzare il lavoro futuro

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Il mio intevento all’interno dell’inserto “Le Guide – Smart working” de Il Sole 24 ore di oggi.

Al mio arrivo a Palazzo Vidoni lo smart working nel settore pubblico a norma di legge era stato fissato al 10% e solo in via sperimentale. Risultato mai raggiunto e comunque insufficiente, mentre la narrazione dominante dipingeva tutti i dipendenti pubblici quali fannulloni e furbetti del cartellino.

Inprimis, sono intervenuta proprio su questo “racconto” che, oltre a ledere in modo eccessivo l’immagine dell’Italia, è diventato negli anni un alibi per certi interventi della politica sulle PA.

Contemporaneamente, sin dall’avvio del mandato, ho cercato di incoraggiare la transizione digitale, nel segno di una sempre maggiore trasparenza e semplificazione a beneficio di cittadini e imprese: un cambiamento che ponesse la persona al centro, dalla fase di pianificazione e programmazione fino a queUa di erogazione dei servizi.

Non a caso, già a dicembre ho lanciato la piattaforma Partecipa per le consultazioni online. Al contempo ho voluto rafforzare i processi di e-learning dei dipendenti pubblici in materia di Ict: non si affrontano, infatti, le sfide del futuro senza un personale con spiccate competenze digitali.

Adesso l’emergenza sanitaria ha reso cruciale estendere ed implementare lo smart working nelle amministrazioni di tutto il territorio nazionale. All’avvio della sperimentazione del lavoro agile, nel 2015, non hanno fatto seguito il monitoraggio costante e un efficace supporto: per questa ragione ho deciso di abbandonare il carattere sperimentale di questa innovativa modalità di lavoro per sancirne il ricorso ordinario in tutte le PA. È stata una scelta che ha comportato una serie di interventi normativi e regolamentari, culminati con l’articolo 87 del decreto “Cura Italia”. Il concetto è semplice: lo smart working deve essere la modalità organizzativa normale del lavoro.

Siamo in una fase emergenziale e convulsa, per cui la priorità della tutela della salute del personale e degli utenti va necessariamente contemperata con il mantenimento in attività delle funzioni essenziali.

Appare evidente che in questa fase il lavoro agile rappresenta una risposta più funzionale rispetto al vecchio telelavoro. Tuttavia, proprio in virtù delle profonde differenze tra queste due modalità di svolgimento della prestazione, l’obiettivo è che lo smart working assumacarattere prioritario nelle scelte organizzative, andando ben oltre il 10% raccomandato dalla 124/2015. Ciò porterà a un concreto miglioramento dell’assetto produttivo nelle PA, ma presuppone un cambio di paradigma culturale ormai improrogabile per la dirigenza e il personale pubblico: mi riferisco al passaggio dalla logica dell’adempimento a quella del risultato e della citizen satisfaction.

Molte amministrazioni stanno già rispondendo bene. Serve però offrire un accompagnamento, in particolare per gli enti più piccoli e penso ad esempio al contributo che possono dare le società in-house dell’Ict che in varie regioni già svolgono servizi analoghi. Ancor di più, serve quel monitoraggio continuativo che non c’è stato, che noi abbiamo avviato e rispetto al quale daremo presto i primi esiti.

Naturalmente, sappiamo bene che una rivoluzione di tale portata va sostenuta con strumenti e risorse. Proprio per questo abbiamo consentito a Consip di rafforzare e accelerare gli acquisti di tecnologia sia rispetto ai volumi previsti nelle convenzioni in essere sia con nuove procedure negoziate. Al tempo stesso, abbiamo snellito l’iter che le amministrazioni devono seguire per acquisire servizi cloud. Inoltre, concediamo agli enti pubblici di poter utilizzare, laddove serva, gli strumenti del lavoratore per lo smart working, tenendo naturalmente in dovuta considerazione le esigenze di privacy e di sicurezza dei dati.

Mi fa piacere evidenziare come siamo riusciti a superare, nella scorsa legge di Bilancio, l’anacronistico tetto alle spese per la formazione del personale. La rivoluzione digitale, come accennato, è una sfida che non si può vincere senza dirigenti e di pendenti preparati e motivati, in grado di dare quel valore aggiunto ormai necessario anche alla macchina dello Stato.

Infine, il lavoro agile, fondandosi sulla logica del risultato, necessita di sistemi di reportistica che lo collegllino alla misurazione e valutazione delle performance individuali e organizzative, sia per il lavoratore in smart working sia per il dirigente che deve predisporlo in seno alla sua struttura.

La PA, in queste settimane difficili, sta raccogliendo una sfida che cambierà per sempre il suo volto. Ci sono molte lezioni da imparare e solo facendone tesoro il settore pubblico potrà proiettarsi, oltre l’emergenza, verso il futuro.

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