Perchè sì: in meno si lavora meglio. Poi toccherà agli stipendi

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La mia intervista a Pierpaolo La Rosa nell’edizione odierna de Il Tempo.

Ministro Dadone, quali sono le ragioni per votare sì al referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari di domenica e lunedì prossimi?

È una riforma che contribuisce a modernizzare il nostro sistema istituzionale, rende più efficienti le Camere nel loro funzionamento e ci allinea agli altri grandi Paesi europei nel rapporto tra rappresentanti eletti e popolazione.

Cosa risponde a chi sostiene che la riforma, sostenuta con vigore dal Movimento cinque stelle di cui lei è esponente, svilisce il principio della rappresentanza?

Che è una argomentazione strampalata, a meno che non si voglia sostenere che siano scarsamente democratiche nazioni come gli Usa, con un eletto per 611mila abitanti, 10 volte più di noi oggi. Come detto, ci allineiamo ai grandi partner Ue nel rapporto tra eletti ed elettori. Il numero di 945 parlamentari non risale alla Costituzione del ’48, ma a una modifica del 1963. Da allora tutto è cambiato: abbiamo rappresentanze a tutti i livelli, abbiamo i Consigli regionali, l’Europarlamento e con le nuove tecnologie della comunicazione è molto semplice raggiungere e dialogare con i parlamentari. Coloro che lamentano un deficit di rappresentanza sono quelli che hanno approvato leggi elettorali incostituzionali con premi di maggioranza abnormi, pluri-candidature e uno scollamento totale tra eletti e territori. Bisogna intervenire sulla legge elettorale e sui metodi di selezione dei partiti per determinare una maggiore rappresentatività, non sul numero complessivo degli eletti. Peraltro, meno parlamentari saranno più visibili e più responsabilizzati rispetto alle aree di provenienza.

Altro argomento brandito dal fronte del no i risparmi della riforma, che sarebbero irrisori…

È la classica argomentazione di chi punta a non cambiare mai nulla. Qui non si tratta tanto degli 80-100 milioni di risparmi l’anno, che pure non sono poca cosa soprattutto in un momento come l’attuale. Si tratta di far guadagnare in efficacia l’azione parlamentare, a partire dal lavoro delle commissioni: mi creda, una cosa alla Camera è lavorare in 45 in Commissione, un’altra sarebbe lavorare in meno di 30. Dopodiché, se parliamo del taglio degli stipendi dei parlamentari, noi già lo pratichiamo da anni e tutti possono farlo. In ogni caso, come abbiamo sempre detto, ci faremo promotori anche di una iniziativa normativa in tal senso.

E’ d’accordo con coloro che propongono interventi correttivi su legge elettorale e regolamenti di Camera e Senato?

Fa parte dell’accordo di Governo. Siamo per una legge proporzionale con preferenze e manterremo la parola data. La riforma dei regolamenti verrà da sé dopo la vittoria del sì: bisognerà decidere quanti parlamentari andranno nelle commissioni, quali saranno le soglie numeriche minime per formare un gruppo. Insomma, ci saranno molti aspetti da regolare. Quello di domenica è un Sì che darà avvio a una stagione virtuosa di puntuali riforme del nostro sistema istituzionale.

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