Quanto ci costa davvero il tempo perso per lavorare?

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Interessante riflessione stamane su quanto costi una rete lenta, un pc non pienamente performante fornito al dipendete, o la mancanza più in generale di una strategia aziendale.

Forse bisognerebbe domandarsi quanto ci costi continuare ad investire in modelli di lavoro non pienamente rispondenti alle esigenze delle persone e dell’ambiente che ci circonda.
Sì perché tutti parliamo di transizione ecologica e di mobilità sostenibile come chiavi di volta per rispondere all’allarme dell’inquinamento o della crisi energetica globale eppure quando affrontiamo tematiche come quelle dei modelli organizzativi del lavoro non ci soffermiamo a valutarne l’impatto ambientale.

Un esempio su tutti l’accanimento sullo smart working nella PA demonizzato perché visto solo come misura tampone dell’emergenza sanitaria, omettendo che già si fosse fatto un lavoro sui piani organizzativi del lavoro agile POLA (a proposito di strategia aziendale), e che si fosse creato un fondo per i risparmi da lavoro agile delle amministrazioni centrali. Omettendo che si fosse inquadrato il modello come uno strumento datoriale per permettere il miglioramento in termini di produttività. Obiettivo raggiunto largamente secondo ogni studio e analisi fatta a riguardo.

Quanto ci farebbe guadagnare in termini ambientali il mantenimento del lavoro agile a differenza di quello in presenza, anche solo una volta a settimana?
Quanto ci costerà in termini di traffico e quindi di inquinamento il rientro di tutti negli uffici sull’altare della percezione senza alcuna validità scientifica di maggior produttività?

Per fare un esempio la Banca d’Italia ha prodotto un dato d’impatto ambientale dello smart working nella propria azienda che fa riflettere: con un solo giorno a settimana per i 6.500 dipendenti dell’istituto di via Nazionale si risparmiano in un anno 1.414 tonnellate di emissioni di CO2.
Un dato che parla chiaro.

Mercoledì la Camera proseguirà nella discussione sulla mozione di Vittoria Baldino del M5S, in questo dibattito devono essere coinvolti tutti, cittadini, imprese e istituzioni perché è un dibattito sul futuro prossimo. È inevitabile e ci travolgerà anche se troppi politici non ne comprendono la portata.

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