Se la Capitale è in mano alla mafia

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Perché meravigliarsi che la mafia ha conquistato Roma? Le mafie si insediano dove possono prosperare economicamente e dove possono esercitare la propria influenza e piegare la politica ai propri desiderata. Soltanto perché Roma è la capitale d’Italia non poteva essere mangiata viva dalle mafie? Se l’Italia è patria delle mafie più pericolose al mondo, perché mai la sua capitale doveva essere immune da questo virus? Le giunte di destra e sinistra hanno permesso, con i loro silenzi, incapacità e il più delle volte con vere e proprie articolate complicità un’infiltrazione senza precedenti.

Mentre si avvicina il 27 agosto, giorno in cui il ministro dell’Interno Angelino Alfano dovrà riferire in merito allo scioglimento per mafia del comune di Roma al Consiglio dei Ministri, viene richiesto lo scioglimento per Sacrofano, piccolo comune alle porte di Roma. Qui Carminati e Buzzi avevano la propria base operativa, hanno finanziato le campagne elettorali del sindaco Luzzi, come emerge dai documenti processuali, creando di fatto un proprio feudo amministrativo piegato ai loro interessi.

Nel frattempo altri comuni limitrofi a Roma hanno, per adesso, evitato lo scioglimento: Morlupo, Castelnuovo di Porto e Sant’Oreste. Tutti comuni interessati alle attività delle cooperative di Buzzi.

Il quadro che emerge è impressionante, non solo Roma con i suoi municipi, ma tutto il territorio circostante, è diventato appannaggio del Mondo di Mezzo, di una rete di interessi che hanno unito criminali, imprenditori, politici che hanno sfruttato l’emergenza immigrazione per fare cassa, come hanno sfruttato l’emergenza rifiuti e qualsiasi altra emergenza così da mandare sull’orlo del baratro la capitale d’Italia che si ritrova senza servizi, neanche quelli più essenziali, perché tutta la politica era impegnata a dividersi contributi pubblici e sperperare le tasse dei cittadini.

Tra Alemanno e Marino, la città è stata razziata con complicità dirette, sempre come evidenziato dalle carte dei magistrati, ed anche per incapacità. Marino continua la sua difesa a spada tratta nel definirsi onesto, di non aver preso un soldo. Vero, ma ha lasciato campo libero a tutti gli altri perché la sua incapacità politica non riesce a fargli vedere oltre il proprio naso.

Oggi rimane il grande nodo: cosa fare del comune di Roma? La relazione dei commissari ha disegnato uno scenario terribile, che punta dritto allo scioglimento per infiltrazioni mafiose. Il prefetto Gabrielli, invece, vuole un commissariamento a macchia di leopardo, qualche municipio sciolto, qualche ufficio sotto controllo di speciali commissari. Altri hanno detto che Roma è troppo grande per essere sciolto per infiltrazioni mafiose, che c’è bisogno di una nuova legge. La confusione è grande, perché nella patria delle mafie nessuno aveva mai pensato che la sua capitale potesse diventare mafiosa a sua volta. Marino dovrebbe semplicemente dimettersi e lasciare la parola ai cittadini romani di scegliere la propria guida politica. Invece si prolunga l’agonia, forse in attesa di un miracolo che come un autobus non passa mai.

Ora la parola tocca al Consiglio dei Ministri, con Renzi che mesi fa aveva già deciso che Roma non va sciolta, e quindi tutto il lavoro dei commissari è stato inutile. Lo scenario prossimo venturo è un sindaco Marino che sorride, felicemente commissariato, mentre prova a capire cosa sta succedendo.

A ferragosto hanno parlato della grande rotazione dei manager del comune di Roma. Il grande blitz, tutti spostati, aria nuova. Sono sempre gli stessi che hanno visto e vedono cadere la città a pezzi: “Bisogna che tutto cambi perché non cambi niente”.

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