Smart working: il risultato contro ogni discriminazione

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Lo smart working consente di conciliare meglio i tempi di vita e i tempi di lavoro, ma non va visto come uno degli strumenti a disposizione delle politiche familiari, perché il suo scopo principale è quello di far crescere la produttività e la qualità delle mansioni svolte.

Prima della pandemia, invece, la modalità agile interessava le donne per oltre il 70% del totale, proprio perché era considerata quasi esclusivamente come la scorciatoia per tenere assieme impegni professionali e carichi domestici, accentuando spesso le disparità di genere.
In fase emergenziale i numeri si sono ovviamente livellati, ma era inevitabile che si generassero alcune distorsioni che a regime, con il vero smart working, potremo correggere.

Ne ho parlato poco fa, ed è stato un vero piacere, in Commissione Pari opportunità di Roma Capitale, nelle vesti di ospite istituzionale di una seduta fortemente voluta dalla presidente Gemma Guerrini, che ringrazio. Il lavoro agile deve essere una modalità che punta al risultato molto più che alla conciliazione organizzativa. Dovremo fare in modo che chi ha il peso delle incombenze familiari, spesso le donne più degli uomini, non venga stritolato e che non finisca per trovarsi in una gabbia dorata.

Lo smart working a regime garantirà il diritto alla disconnessione, prevederà naturalmente l’alternanza tra l’ufficio e il lavoro da remoto. Funzione pubblica accompagnerà le amministrazioni per fare in modo che esso possa dare benefici in termini di benessere organizzativo, ma visti come mezzo per arrivare a risultati migliori in favore dei cittadini.

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