Finalmente, dopo lunga attesa ieri è giunto il testo del Def emanato dal Governo.
In esso si prevede che il PIL nel 2017 cresca dell’1.1 %, rispetto alle previsioni autunnali che lo indicavano all’1%. Il rapporto debito/Pil, invece, viene fissato allo stesso livello del 2016, dal 132,6% al 132,5%. È dato in calo dal 2018 (al 131%, fino al 125,7% del 2020).
Per quanto riguarda il rapporto deficit/Pil viene previsto in calo dal 2,4% del 2016 al 2,1% del 2017.
Il pareggio di bilancio verrà avvicinato nel 2019 (-0,2%) e raggiunto nel 2020 (0%), con un saldo primario (saldo al netto della spesa per interessi) in costante crescita, dall’1,7% del 2017 al 3,8% del 2020.
Quello che il Def dice, in sostanza, è che i conti pubblici seguiranno la via tracciata dal Fiscal Compact attraverso un misto di crescita (sempre bassa) e soprattutto di sacrifici!
È la stessa ricetta degli ultimi 6 anni, inaugurata dal Governo Monti.
Conosciamo i risultati: l’austerità strozza il settore privato ben prima di risanare i conti pubblici e così anche questi ultimi peggiorano perché diminuisce la base imponibile, il gettito e aumentano le spese sociali per disoccupazione e cassa integrazione.
Il dato più importante, in questo senso, è quello sul rapporto deficit/Pil 2018. Il Governo aveva programmato un 1,2% nel Documento programmatico di bilancio autunnale (Dpm) e lo ha mantenuto nel Def.
Se le promesse venissero davvero mantenute anche nella Nota al Def, la prossima Legge di Bilancio dovrà essere lacrime e sangue, dato che il parametro quest’anno si fermerà al 2,1%. Il Governo dovrebbe produrre uno sforzo restrittivo pari allo 0,9% in un solo anno (0,8% di aggiustamento strutturale, dall’1,5% allo 0,7%) per il quale la sola crescita dell’1% prevista per il 2018 non basterà, ammesso che si concretizzi. In tal caso, quindi,sarebbe inevitabile far scattare almeno in parte i 20 miliardi di clausole di salvaguardia, che strozzerebbero la già fragile crescita degli ultimi anni.