Pa: fin qui una strada lunga, da qui una lunga strada

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La Pubblica amministrazione italiana non è più la stessa ed è finalmente pronta a garantire il necessario e imprescindibile supporto al Paese, alla nostra ripresa e al nostro rilancio in un mondo altrettanto cambiato.

Se c’è un settore che ha dimostrato nel concreto cosa sia la resilienza questo è proprio il settore pubblico. In primo luogo con lo sforzo gigantesco in termini di servizi socio-sanitari, in secondo luogo con l’apporto offerto senza se e senza ma alla tenuta del Paese.

Ora la Pubblica Amministrazione deve proseguire questo percorso rivoluzionario che è qualcosa di più di una semplice riforma: si tratta di trasformare la fisionomia, i contenuti, i servizi delle amministrazioni pubbliche a partire dalle esigenze dei cittadini e delle imprese. Anche in quei territori più marginali, come le aree interne e montane, dove lo Stato è rappresentato da piccoli e piccolissimi comuni che, con poche risorse e personale, devono garantire gli stessi servizi di cui può usufruire un cittadini della Capitale. Serve un’attenzione maggiore e provvedimenti specifici per questi Enti, fondamentali per la coesione del Paese.

Alla Pubblica amministrazione serve semplicità, non solo semplificazione: amministrazioni che parlano tra di loro perché deve essere chiaro che anche se ogni ente pubblico e ogni livello, comunale, regionale, nazionale, è un soggetto a sé stante, con peculiarità e prerogative specifiche, tutti insieme agli occhi dei cittadini e delle imprese rappresentano un unico organismo. È giusto che sia così perché è il fondamento della nostra Repubblica, una e indivisibile, che promuove il decentramento amministrativo e riconosce le autonomie, garantendo i principi di buon andamento, di leale collaborazione, di trasparenza.

In questi ultimi 17 mesi abbiamo rafforzato il principio del once only attraverso l’interoperabilità delle banche dati, pretendendo che le amministrazioni non chiedano a cittadini e imprese documenti e informazioni di cui sono già in possesso o che possono ricevere da altre amministrazioni pubbliche. Abbiamo colto l’occasione per dare certezza dei tempi, riducendoli anche, per gli interventi in materia edilizia, di green economy e energie rinnovabili, velocizzando la conferenza dei servizi e le attività di rigenerazione e riqualificazione urbana.

Ma non è ancora abbastanza. Per continuare sulla via di una PA semplice e efficiente serve convinzione politica, prima ancora che tecnica, forte e radicale, inesorabile direi, che faccia proprie le esigenze reali della gente comune, cioè di quanti quotidianamente debbono affrontare gli ostacoli della burocrazia. Anche in tal senso occorrerà continuare a spingere con convinzione la digitalizzazione del sistema pubblico con massima concretezza, facendola poggiare su procedure snelle. Anche per questo va data continuità tempestiva alla mappatura dei procedimenti amministrativi come previsto dall’Agenzia per la semplificazione 2020-2023 per ridurre i tempi e i costi delle amministrazioni pubbliche.

Ma semplicità, come dicevo, non è solo semplificazione. Semplicità è anche agilità, smartness direbbero gli anglofili. E alla base di una Pubblica Amministrazione semplice c’è un nuovo modo di concepire la organizzazione di quanti devono offrire i servizi: dei suoi lavoratori e dei suoi uffici. Re-ingegnerizzare i processi e riorganizzare il lavoro pubblico rappresentano i binari sui quali la locomotiva del nostro Paese può lanciarsi verso il futuro.

Abbiamo innestato nella vita quotidiana il lavoro agile: oltre tre milioni di lavoratori pubblici sono interessati da una modalità organizzativa fortemente efficace ed efficiente, se applicata adeguatamente, che richiederà la definizione tempestiva di un primo accordo quadro per disciplinare i diritti e i doveri dei lavoratori dopo il lungo anno di deroghe necessarie ed emergenziali e in vista del prossimo, imminente, avvio della contrattazione collettiva nazionale. Serve adesso un impegno chiaro e coerente per l’introduzione di un nuovo sistema di valutazione della performance del pubblico impiego così da valorizzare effettivamente chi fa bene e poter disincentivare concretamente i comportamenti non adeguati e improduttivi, anche coinvolgendo in maniera sostanziale gli utenti della Pa senza caccia alle streghe, senza strumentalizzazioni e senza arroccamenti ideologici.

Grazie al potenziamento del lavoro agile con l’introduzione del Pola, quale modalità organizzativa integrata nel piano delle performance ma soprattutto quale innesto culturale, abbiamo introdotto il tema della razionalizzazione della spesa della Pa che può essere perseguita ora anche senza intaccare i diritti di chi lavora ma con la possibilità di aggredire le sacche di improduttività, i costi storici ma non più necessari, dimostrando finalmente la centralità e la strategicità dell’amministrazione pubblica per il rilancio del Paese. La Pa è finalmente sotto gli occhi di tutti una leva economica non più soltanto un bacino elettorale o una zavorra allo sviluppo.

Per una cornice semplice, un lavoro agile e servizi efficaci servono competenze e profili adeguati. Con il Recovery plan abbiamo previsto un investimento importante sulla formazione e sulla riqualificazione dei dipendenti pubblici. Senza questi investimenti non ci sarà il salto di qualità che necessita la Pa per essere volano di sviluppo del Paese. Investire per noi è significato finora decuplicare da 48 a 480 euro a testa la spesa per formazione. Ma ora significa anche introdurre un sistema valido di formazione integrato a livello nazionale, regionale e locale. Un sistema formativo che punti a individuare le competenze effettivamente necessarie e i profili da potenziare e quelli da riqualificare per poter soddisfare le esigenze del Paese reale.

Semplice, agile, efficace ma anche nuova. Abbiamo disegnato in questo mandato un sistema di reclutamento e selezione del personale pubblico per un capitale umano rinvigorito non solo sul piano anagrafico ma anche e soprattutto sul piano competenziale e culturale. Bandi di concorso volti a valorizzare le esperienze pregresse e le competenze tecniche e trasversali, come le c.d. soft skills, per sviluppare team di lavoro e una organizzazione più performante ma anche più idonea a offrire servizi a misura d’uomo che sappia fare della Pa digitale non un orpello in più a esclusivo appannaggio delle nuove generazioni e delle aree più informatizzate ma una leva concreta di sviluppo, per permettere alle imprese di lavorare meglio, per permettere ai cittadini di avere di più con meno, per permettere all’Italia di essere forte, competitiva, efficace e riconquistare con orgoglio e caparbietà il ruolo sul piano internazionale che merita.

Abbiamo percorso una strada lunga, impervia, iniziando a rivoluzionare la Pubblica amministrazione. Ora si apre una lunga strada.

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