Col Sì al refrendum Camere più forti

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La mia intervista a la Repubblica del 19 settembre 2020.

Ministra Dadone, il No è molto cresciuto. È preoccupata?

«Mi pare che il No sia cresciuto solo in certi ambienti di palazzo, soprattutto tra chi teme di perdere rendite di potere e di posizione. Peraltro, con atteggiamenti ipocriti e incoerenti, perché molti di quelli che ora fanno campagna per il No prima hanno votato Sì in Parlamento. Forse, direi, sono loro che delegittimano la rappresentanza. In giro, nel Paese reale, vedo invece tanta voglia di Sì, di cambiare per modernizzare l’Italia e avviare finalmente un ciclo virtuoso di riforme istituzionali».

La rimonta del No non segna un cambio di umore nel Paese nei confronti dei vostri temi?

«Ripeto: non vedo alcuna rimonta e comunque non amo commentare sondaggi che lasciano il tempo che trovano. Peraltro, questa è una riforma votata non solo dal M5S, ma da quasi tutti i partiti per ridare slancio al lavoro delle Camere».

Il Sì senza una riforma dell’assetto istituzionale non rischia di aprire più problemi di quanti ne risolva?

«Tutt’altro: è nel pieno spirito della Costituzione, dell’articolo 138, intervenire con revisioni circoscritte e puntuali. È anche un principio di tutela e rispetto del voto dei cittadini che, dovendo decidere con un Sì o con No secco, hanno diritto a un quesito su questioni specifiche e non su una congerie di tematiche diverse. Peraltro, il taglio dei parlamentari è stato proposto in passato da tutte le aree politiche in abbinamento a variegati cambiamenti della forma di governo, a dimostrazione che è una modifica che si regge da sé».

Non si pone un problema della rappresentanza con interi territori senza più deputati e senatori?

«Assolutamente no, a meno che non si voglia sostenere che siano scarsamente democratiche nazioni come gli Usa, con un eletto per 611mila abitanti, 10 volte più di noi oggi. Sa quanti senatori elegge la California con 40 milioni di abitanti? Due. Peraltro, alcune disparità oggi presenti tra le Regioni italiane vengono livellate con la riforma. La riduzione ci allinea ai grandi partner Ue. Il numero di 945 parlamentari non risale al 1948, ma a una modifica del 1963. Da allora tutto è cambiato: abbiamo rappresentanze a tutti i livelli, abbiamo i Consigli regionali, l’Europarlamento e con le nuove tecnologie della comunicazione è molto facile interagire con i parlamentari».

È innegabile che ci saranno regioni senza parlamentari.

«Coloro che lamentano un deficit di rappresentanza sono quelli che hanno approvato leggi elettorali incostituzionali con premi di maggioranza spropositati, pluri-candidature e un distacco totale tra eletti e territori. Serve intervenire sulla legge elettorale e sui sistemi di selezione dei partiti per migliorare la rappresentatività. Il numero complessivo degli eletti non c’entra nulla».

I fautori del No dicono che il vostro è un attacco antiparlamentare.

«I fautori del No guardino quanti parlamentari oggi, in media, frequentano le commissioni e l’Aula. Con questa riforma, al contrario, rafforziamo le Camere, le rendiamo più agili e in grado di rispondere meglio ai bisogni dei cittadini. Peraltro, meno parlamentari saranno più visibili e più responsabilizzati rispetto alle aree di provenienza».

Quanto si risparmia esattamente?

«I risparmi sono stati calcolati tra gli 80 e i 100 milioni l’anno. Ma non è il tema centrale, per quanto ogni euro risparmiato sia fondamentale in questa fase delicata della vita del Paese. Il vero risparmio, se così si può dire, è il guadagno in termini di produttività che potranno averne le Camere, a partire dai lavori in commissione».

Il governo rischia. Non è stato un errore non allearvi al Pd?

«Mi pare lo dicano anche le opposizioni che si tratta di due piani differenti, dunque non vedo rischi per il Governo. Nessun errore: abbiamo realizzato convergenze laddove possibile, ma ogni territorio ha la sua storia e il M5S non prescinde mai dalle indicazioni che arrivano dalla base».

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