Lo sciopero è una scelta abnorme, nel pubblico bisogna essere agili

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La mia intervista a La Stampa del 22/10/2020, di Paolo Baroni.

«Lo sciopero? Non ho remore a definire abnorme la scelta dei sindacati. Noi dobbiamo evitare un nuovo lockdown generalizzato e tenere insieme la tutela della salute con l’erogazione dei servizi a cittadini e imprese: da parte nostra c’è sempre stata ricerca di dialogo e poi risposte nei fatti. Uno sciopero in piena pandemia, e con la necessità per la Pa di supportare la ripresa del Paese, potrebbe apparire davvero poco giustificabile».

I sindacati sostengono che «è sbagliato e illusorio», che mette in discussione la contrattazione.

La contrattazione non viene intaccata dal decreto e non mi sognerei mai di farlo, anzi si richiama specificatamente il confronto sul lavoro agile, come previsto dai contratti e nel protocollo del 24 luglio. Ci sono esigenze organizzative collegate all’emergenza pandemica che richiedono una risposta rapida per tutelare la salute e assicurare i servizi. Non c’era tempo per un accordo quadro ad hoc,è evidente».

Lei fissa una soglia minima del 50% invitando chi può a fare di più. Ma da metà ottobre lo smart working non era già al 50%? Cosa cambia?

«Si trattava di una percentuale secca e da metà settembre. Con il Dpcm del 13 ottobre invece abbiamo specificato che si tratta di una soglia minima che ciascuna amministrazione può aumentare in base alle proprie peculiarità: attività, capacità organizzative, requisiti tecnologici. Ci saranno enti capaci di arrivare persino all’80-90% ed enti che dovranno ancora implementare strumenti e procedure “agili”.

I sindacati lamentano anche le scarse risorse per il rinnovo del contratto.

«È una dote nettamente superiore rispetto alla precedente tornata: potranno essere riconosciuti incrementi del doppio rispetto all’inflazione e, dunque, una crescita dei salari non solo in termini nominali, ma anche reali. In un momento di straordinaria difficoltà del Paese è un risultato di grande rilievo. Questo governo sta fronteggiando un’emergenza gravissima e deve sostenere tutte le categorie economiche e sociali. Adesso avvierò l’iter per i rinnovi e quella sarà la sede adeguata in cui disciplinare il lavoro agile. Io intendo riconoscere ai lavoratori diritti e risorse e farlo subito, se qualcuno strumentalmente non lo permetterà, si assumerà le proprie responsabilità davanti agli stessi lavoratori».

Anche le imprese protestano: temono che un ritorno del lavoro da casa paralizzi la Pa.

«Le imprese hanno le loro ragioni, ma il cosiddetto lavoro agile nel lockdown è stato qualcosa di diverso da ciò che il decreto ha disciplinato per i prossimi mesi e dopo ancora con i Pola, i Piani organizzativi del lavoro agile. Già da maggio, in vista delle riaperture delle attività economiche, abbiamo imposto alle Pa di garantire l’erogazione dei servizi in presenza qualora non fosse stato possibile da remoto, assicurando la continuità amministrativa e la tutela dei lavoratori che vanno in ufficio».

Nei mesi passati uno dei problemi più seri era legato alle banche dati, non tutte accessibili da remoto, non tutti i documenti necessari a svolgere le pratiche disponibili…

«Certo, stiamo infatti lavorando per accelerare la transizione al digitale e la reingegnerizzazione dei processi. Ho fatto del principio del “once only”, del dialogo tra le banche dati, un obiettivo chiave del mio mandato.
Sin dal “Cura Italia” abbiamo snellito gli iter per gli acquisti di sistemi cloud. Nel frattempo, stiamo accelerando sugli accordi di fruizione, a partire dalle amministrazioni più grandi, per consentire l’interconnessione tra i database”.

Uno dei punti più critici riguarda le pratiche edilizie: l’Ance cita dati disastrosi (-30% a livello nazionale, -47% a Roma), i sindacati replicano segnalando i paurosi vuoti di organico negli uffici.

«Non nego problemi durante il lockdown, ma ricordo sempre che l’alternativa non era il tranquillo mondo pre-pandemia che non esiste più, l’alternativa era abbassare le serrande come accaduto alle imprese private. Lo Stato non poteva e non può permetterselo e ha risposto con gli strumenti e le dotazioni che abbiamo ereditato. In ogni caso, le amministrazioni hanno mostrato abnegazione e flessibilità organizzativa, ma sono emerse anche vere e proprie eccellenze. Non tutti gli enti sono uguali, certo. Il lavoro da fare è ancora tanto, ma il Covid ha portato i nodi al pettine e il percorso che abbiamo impostato, anche grazie alle risorse del Recovery fund, sta dando e darà sempre più i suoi frutti».

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