Basta burocratese nella PA, domani incontro la Crusca

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Di seguito l’intervista che ho rilasciato a Lorenza Salvia per il Corriere della Sera.

«Le faccio un esempio: chi riempie il modulo per il passaporto di un minore sa sempre cosa significa “essere a conoscenza dei motivi ostativi previsti dalla legge 1185 del 1967”?». Temo di no. «Anche io. E invece dobbiamo metterci nei panni di chi quel modulo lo deve riempire». Domenica il ministro della Pubblica amministrazione Fabiana Dadone sarà a Firenze per firmare un accordo tra il suo ministero e l’Accademia della Crusca, che da più di 400 anni è di fatto la Cassazione della lingua italiana.

Perché questo accordo, ministro?

«Per rendere più chiaro il linguaggio della pubblica amministrazione, troppo spesso ancora oscuro. Con il contributo loro e di chi lavora nella Pubblica amministrazione, emaneremo poi una direttiva che possa funzionare da guida per la scrittura dei moduli. E organizzeremo dei webinar, cioè seminari online, che mettano i funzionari nelle condizioni di capire le reali necessità dei nostri utenti».

Da Sabino Cassese a Franco Frattini sono stati diversi i ministri che hanno cercato di contrastare il burocratese. Qualche passo in avanti è stato fatto, abbiamo finalmente trasformato obliterare in timbrare. Ma davvero l’accordo con la Crusca può cambiare le cose?

«Il lavoro fatto dai miei predecessori è stato importante ma adesso va aggiornato. Il linguaggio non è più quello di venti anni fa. Così come stanno cambiando la comunicazione e la domanda di partecipazione decisionale dei cittadini. Anche per questo stiamo lavorando alla riforma della legge 150 del 2000 sulla comunicazione pubblica e aiuteremo in tempo reale chi ha a che fare con le pratiche, come avviene già oggi in molte aziende private».

Lei ha detto che la Pubblica amministrazione deve attirare le menti migliori del Paese. D’accordo, ma in concreto come si fa?

«Intanto servirebbe una narrazione diversa della Pubblica amministrazione, che già oggi è ricca di eccellenze. Ma ci vogliono anche altre cose che in parte stiamo già facendo: un’attività di orientamento nelle scuole superiori e nelle università, un punteggio più alto per i dottorati nei concorsi. E poi dare una cadenza annuale al corso-concorso per la scuola nazionale della Pubblica amministrazione, per rendere stabile questo canale di accesso».

Parliamo del rinnovo del contratto. In vista dell’incontro della prossima settimana i sindacati dicono che serve un altro miliardo e mezzo, altrimenti sarà scontro.

«La dote è già rilevante. Francamente vorrei che ci fosse un atteggiamento più costruttivo piuttosto che il continuo ricorso ai diktat. In ogni caso al tavolo ci sarà anche il ministero dell’Economia, che deve tenere insieme tutte le esigenze».

Ma gli aumenti saranno uguali per tutti o legati alla valutazione?

«L’obiettivo è legarli alla valutazione. Non in una logica punitiva ma per stimolare l’innovazione del sistema e l’investimento dei dipendenti pubblici su loro stessi. Come già previsto dalle nostre linee guida, la valutazione sarà individuale, organizzativa e terrà conto anche del giudizio del cittadino. Mi auguro che i sindacati collaborino con noi per individuare gli strumenti migliori».

E sul congedo di paternità? Il governo lo vuole portare dai sette giorni di oggi a un mese per i lavoratori privati ma nel pubblico impiego è ancora di un giorno solo. Diventerà più lungo?

«Quella del congedo di paternità è una riforma di assoluto buon senso. Su questo punto c’è il mio impegno e ne stiamo già parlando con il ministero dell’Economia. Il problema è sempre quello delle risorse: portarlo a cinque giorni nella Pubblica amministrazione costerebbe 60 milioni di euro».

Ministro, le cose di cui parla hanno un orizzonte lungo. Ma per farle serve un governo che regge, stabile. E invece qui si balla ogni giorno.

«Il governo regge finché si mettono da parte gli interessi dei singoli politici e dei singoli partiti. Tutti ne abbiamo, ma a tutti ricordo che contano di più gli interessi del Paese».

E le Sardine? Hanno detto che sono quello che un tempo era il Movimento 5 Stelle. D’accordo?

«Guardi, apprezzo il fatto che dei giovani scendano in piazza per sostenere il buon funzionamento dello Stato. Ma mi sembra un paragone un po’ forzato. Il Movimento ha attraversato fasi diverse, dura da dieci anni. Loro sono appena nati».

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